Missione in Egitto per conto del governo italiano

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Data cronica
1876-1877

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In questa serie sono raccolti i documenti e le lettere relativi alla missione che Scialoja svolse in Egitto nel periodo 1876-1877 per conto del Governo italiano. Questo suo ultimo incarico, portato a termine pochi mesi prima di morire, riguarda, oltre che la storia dell’Egitto, la politica estera del giovane Stato italiano che tentava una propria politica di espansione.
In verità, il maggiore impegno dell’Italia durante gli anni ’70 era piuttosto quello di creare le condizioni che offrissero le migliori garanzie per il mantenimento di quanto era stato fatto nel decennio precedente con la presa di Venezia e di Roma. Si mirava soprattutto a consolidare la costruzione dello Stato unitario, concentrando gli sforzi del paese nella ristrutturazione interna. E se, prima del 1876, la Sinistra si era mostrata favorevole ad un maggiore impegno nelle questioni esterne, dopo che andò al Governo continuò a seguire la politica dei predecessori.
In questo contesto l’Italia aveva però sempre guardato con interesse al Nord Africa, sia con i pro-getti di spedizione per Tunisi nel 1864, poi rientrati soprattutto per le questioni rimaste ancora aperte di Roma e Venezia, sia con il trattato italo-tunisino firmato a La Goletta nel 1868. Anche negli anni ’70 le rivendicazioni italiane su Tunisi rimasero aperte; talvolta furono favorite da alcune potenze europee e soprattutto dall’Austria, desiderosa di espandersi nei Balcani senza pagare alcun tributo all’Italia con le terre che quest’ultima rivendicava.
Tuttavia tali sollecitazioni furono ostacolate dal timore di compromettere i rapporti con la Francia, già aggravati per la presa di Roma. Si ebbe così un atteggiamento di attesa, quasi difensivo, tendente a limitare l’ingerenza francese fino a che, nel 1880, la compagnia Rubattino si aggiudicò la gestione della ferrovia La Goletta-Tunisi.
L’Italia non seppe però far fronte alle reazioni dei francesi e dovette accettarne l’iniziativa militare. Respinta dalla Tunisia, l’Italia, agli inizi degli anni ’80, cercò di servirsi della rivalità coloniale in Africa fra Francia e Inghilterra per conseguire col consenso di quest’ultima altri obiettivi nel continente africano. L’occasione si presentò nel 1882, quando fu invitata dall’Inghilterra a partecipare al bombardamento di Alessandria (11 luglio). Questo segnò il definitivo prevalere degli inglesi in Egitto dopo il condominio anglo-francese, i cui presupposti, come vedremo, erano stati gettati fin dalla seconda metà del 1876 quando ormai l’influenza di Scialoja nelle questioni finanziarie egiziane andava scemando. L’Italia però, piuttosto che impegnarsi a fianco degli inglesi direttamente in Egitto, preferì spostarsi, col loro consenso, nell’area gravitante sul Mar Rosso, dove la società Rubattino si era già installata nella baia di Assab.
Iniziò così con gli anni ’80 la penetrazione italiana in Africa dopo i reiterati tentativi andati a vuoto a Tunisi e dopo il fallimento della vicenda egiziana del 1876 che aveva visto Scialoja protagonista.
La missione di Scialoja in Egitto va quindi considerata nel contesto più ampio dei tentativi di espansione verso l’Africa che l’Italia aveva iniziato già negli anni ’60 e che aveva continuato, anche se in modo piuttosto cauto, durante gli anni ’70. Infatti l’apertura del canale di Suez nel 1869 aveva con-ferito maggiore importanza alle regioni del Nord Africa e all’Egitto in particolare. Tale episodio della politica estera italiana, spesso trascurato o dimenticato dalla storiografia, può essere utile sia per spiegare i precedenti storici della diffidenza e del rifiuto italiano di affiancarsi agli inglesi nel bombardare Alessandria (poiché rivela che sei anni prima erano stati proprio questi ultimi a creare le maggiori difficoltà all’azione di Scialoja), sia per ricostruire in modo più compiuto gli sviluppi della politica estera dell’Italia negli anni ’70 .
La natura ed il carattere della missione in Egitto affidata a Scialoja può essere colta in questa osservazione dello Chabod riguardante Minghetti e Visconti Venosta, che erano rispettivamente primo ministro e ministro degli affari esteri quando fu affidato tale incarico a Scialoja: "Un Minghetti, un Visconti Venosta, tuttoché ben fermi nella loro volontà di concentrare, per allora, gli sforzi del paese nella ricostruzione interna e di evitare ogni complicazione esterna, sognavano, anche essi, giorni avvenire in cui la nazione risorta e consolidata potesse svolgere intensa attività anche fuori delle frontiere, non tanto sotto forma di conquiste e di spedizioni militari, così estranee al loro modo di pensare, quanto sotto forma di espansione economica e di influenza politica e morale" . L’Italia non si trovava certamente in condizioni da poter agire differentemente, come si può osservare dal modo in cui iniziò, si sviluppò e si esaurì l’episodio al quale siamo interessati. Scialoja era già inten-zionato a trascorrere l’inverno ’75-’76 in Egitto per motivi di salute, quando gli fu chiesto dal Governo italiano di assumere il delicato e importante incarico. Proprio in quel periodo il Khedivé d’Egitto aveva sollecitato il Governo italiano a inviargli un esperto capace di suggerire alcuni provvedimenti per risanare la difficile situazione finanziaria dell’Egitto. I lavori pubblici per la costruzione del Canale di Suez avevano richiesto enormi prestiti che avevano prodotto un pauroso ingrossarsi del debito pubblico e a ciò si aggiungeva un’amministrazione pubblica molto carente oltre che corrotta. La scelta del Khedivé era caduta su un italiano per motivi politici, infatti in quegli anni si registrava il tentativo dell’Inghilterra di inserirsi come unica potenza occidentale negli affari economici egiziani. A tale scopo gli inglesi avevano già acquistato, nel novembre del 1875, quasi la metà delle azioni della Compagnia del Canale per una cifra irrisoria, inferiore ai 4 milioni di sterline. Contemporaneamente anche la Francia era interessata all’Egitto e cercava di porgere il proprio aiuto per risanare le finanze egiziane nella prospettiva di evitare la sola ingerenza inglese. Il Khedivé, stretto in questa morsa e desideroso di non cadere nelle mani dell’una o dell’altra potenza, pensò di rivolgersi all’Italia. Essa, nella qualità di terza potenza interessata all’Egitto, avrebbe potuto svolgere un’azione contraria alle mire dell’Inghilterra e della Francia. Di qui le insistenze del Governo italiano e del re affinché Scialoja accettasse l’incarico.
Scialoja arrivò in Egitto il 7 gennaio 1876 e si trovò al centro di un delicato e importante gioco: il tentativo dell’Italia di inserirsi in Egitto a fianco della Gran Bretagna e della Francia. Dai documenti reperiti appare che questo tentativo inizialmente sembrò riuscire grazie ad un’intesa fra Scialoja ed i rappresentanti francesi desiderosi di attenuare l’ingerenza inglese. È in questa prima fase della sua missione che Scialoja riuscì a svolgere un’importante e proficua azione di mediazione e vide accogliere dal Khedivé alcuni suoi progetti di risistemazione delle finanze egiziane. Fu istituito infatti un Consiglio supremo del Tesoro che, insieme a una riforma di tutti i rami dell’amministrazione finanziaria, doveva affiancare l’istituzione della Cassa del debito pubblico. La proposta di Scialoja fu accolta nel marzo del 1876 per poi essere concretizzata in decreto il 14 maggio successivo, e Scialoja fu nominato presidente del Consiglio Supremo del Tesoro. Di lì a poco cominciò però a farsi sentire l’opposizione inglese che si manifestava in ostruzionismo e mancanza di collaborazione. L’atteggiamento poco benevolo assunto dall’Inghilterra indusse il Khedivé a ritardare le riforme promesse, necessarie in particolare al buon funzionamento del Consiglio supremo del Tesoro. Nello stesso tempo si verificò un riavvicinamento fra Francia ed Inghilterra che risolsero la questione direttamente fra loro, iniziando quel condominio di cui si è detto.
L’Italia non aveva certamente le risorse economiche e politiche per poter contrastare quelle potenze, tuttavia non mancarono da parte di Scialoja apprezzamenti critici verso il Governo italiano. Nemmeno De Martino (console italiano in Egitto) fu esente da critiche, come si può osservare dalla lettera del 28 settembre 1876, inviata dal ministro degli affari esteri, Melegari, a Scialoja (v. XXIX.3/81).
Il Khedivé fu costretto a cedere alle pressioni congiunte anglo-francesi e non realizzò diversi provvedimenti suggeriti da Scialoja la cui influenza iniziò a diminuire; infatti i suoi progetti furono sempre meno sostenuti fino a che si dimise nel novembre del 1876. Ripartì dall’Egitto nell’aprile del 1877.
I numerosi documenti e le molte lettere possono costituire un utile complemento alle 9 lettere concernenti il periodo egiziano pubblicate dall’Alatri, e ai documenti dell’Archivio Storico del Mini-stero degli affari esteri, Serie Politica (1867-1888), Egitto (1875-1878), che comprendono la corrispondenza fra il De Martino ed i rappresentanti del Governo italiano.
Di particolare interesse i documenti della sottoserie Documenti relativi alla sua missione di consigliere finanziario, la cui paternità va riferita, quasi per tutti, a Scialoja. La grande maggioranza sono di suo pugno, altri scritti da un copista. L’esame di tali documenti può essere particolarmente proficuo per approfondire sia la conoscenza della situazione economico-finanziaria dell’Egitto sia il ruolo che Scialoja intendeva svolgervi.
La nutrita corrispondenza comprende alcune lettere di particolare interesse, come le tre lettere di Minghetti e le due di Visconti Venosta, rispettivamente presidente del Consiglio e ministro degli affari esteri, quando Scialoja iniziò la sua missione. Di uguale interesse si mostrano le cinque lettere di Melegari, nuovo ministro degli affari esteri dopo che la Sinistra andò al potere nel marzo del 1876. A queste vanno aggiunte quattro lettere di De Martino, diverse lettere delle autorità politiche egiziane, altre di alcuni uomini politici italiani come Mancini, Cialdini e Bonghi. Inoltre sono raccolte non poche lettere di Scialoja, alcune delle quali, circa 17, però, senza data e senza destinatario. È bene ricordare che alle lettere classificate nella sottoserie "Corrispondenza" ne vanno aggiunte alcune altre, non sempre di Scialoja, classificate, per il loro specifico interesse, nella prima sottoserie. Infine vi sono le numerose lettere a conoscenti e a familiari, il cui rilievo non è in ogni caso da trascurare. A tale proposito basta ricordare l’interesse della lettera ad Eugenio, pubblicata dall’Alatri.
Alcune lettere (28 su un totale di 268) sono state trovate non datate; sono tutte comunque del 1876 o del 1877. Per convenzione le abbiamo classificate tutte nell’anno 1877 dopo quelle datate, senza attenerci ad alcun altro criterio.
La corrispondenza epistolare è accompagnata da non pochi telegrammi, fra cui alcuni del Minghetti e di Scialoja. Anche alcuni telegrammi sono stati rinvenuti non datati. Per la loro classificazione abbiamo seguito lo stesso criterio utilizzato per le lettere non datate. Va infine ricordato che Scialoja, in occasione del suo viaggio in Egitto, ebbe un secondo e meno importante incarico dal Governo italiano: quello di ispezionare le scuole italiane al Cairo e ad Alessandria.
Abbiamo pertanto diviso questa serie in quattro sottoserie e cioè:
1. Consigliere finanziario del Khedivè.
2. Ispezione delle scuole italiane in Egitto.
3. Corrispondenza.
4. Telegrammi spediti o ricevuti.

Consistenza rilevata

Consistenza (testo libero)
fascc. 26

Reference code

IT-RM1241.SCIALOJA.0029

Ente

Persona